Nato in Baviera nel 1927, docente di teologia a Frisinga, Bonn, Minster, Tubinga e Ratisbona, è stato nominato arcivescovo di Monaco nel 1977 da Paolo IV che l’ha creato Cardinale lo stesso anno. Nel 1981 diveniva Prefetto della Congregazionem della Dottrina della Fede. In ogni fase del suo molteplice ministero ecclesiale il cardinale Ratzinger ha condotto una intensa e rigorosa ricerca teologica attestata da un’ampia bibliografia tradotta in molte lingue e soprattutto in italiano. Dalla prima opera significativa, dedicata alla teologia della storia in S. Bonaventura (1959), passando attraverso a scritti di vasto successo come la preziosa “Introduzione al Cristianesimo” (apparsa in Italia nel 1969) o a testi di forte suggestione come “Fede e Futuro” o “Democrazia nella Chiesa” (1971) per approdare sino a pubblicazioni più recenti come “Chiesa ecumenismo e politica” (1988), “La Chiesa: una comunità sempre in cammino” (1991), “Svolta verso l’Europa?” (1991) e all’impegno per l’elaborazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Card. Ratzinger ha tracciato un itinerario teologico di grande limpidità, destinato a collocarlo tra i massimi teologi del Novecento.
Egli parte dalla consapevolezza che il credente è ora immerso in una età post- cristiana e sperimenta in modo lacerante la tensione tra il credere ed il sapere. In “Fede e Futuro” Ratzinger scriveva: “Anche tra i credenti si diffonde sempre più quel sentimento che grava tra i compagni di viaggio di una nave che sembra approdare: essi si domandano se la fede cristiana abbia ancora un futuro o se, invece, sia superata dal progresso intellettuale. Alla base di questo sta la coscienza di una profonda spaccatura tra il mondo della fede e quello del sapere, che appare incolmabile e che vanifica la fede”.
Eppure paradossalmente la società contemporanea rivela un’alta nostalgia della fede; la Chiesa è, allora, chiamata a rispondere ad entrambi questi fronti. Da un lato deve, certo, reinterpretare formule e concetti con cui si esprime la fede, rendendola così trasparente alla cultura contemporanea. Dall’ altro lato, però, questa operazione, squisitamente ermeneutica, non deve esaurirsi nella produzione di un mero “Cristianesimo interpretativo” che appanni o anneghi lo scandalo del messaggio cristiano in mezzo a soffocanti e “complicatissimi artifici interpretativi”.
“Comprendere in maniera nuova la fede come aiuto all’autentico vivere nel nostro mondo odierno – scriveva il cardinale in Introduzione al Cristianesimo – non significa degradarne la consistenza monetaria in un vacuo chiacchiericcio che stenta faticosamente a mascherare un totale vuoto spirituale”.
