Francesca Sanvitale in un romanzo storico di circa 600 e più fitte pagine racconta, con straordinaria abbondanza di elementi, di resoconti storici, di impressioni, la vita del “Re di Roma”, cioè quel Napoleone II destinato a divenire Imperatore quando aveva tre anni e da allora distaccato dal padre, portato alla Corte degli Asburgo perché la madre, Maria Luisa o Maria Luigia, era figlia dell’Imperatore d’Austria. Si vede alla nascita, nell’infanzia e nell’adolescenza, fino alla sua precocissima morte a 21 anni. A fianco del “Re di Roma” (che quando sarà alla corte degli Asburgo sarà chiamato Franz: come del resto la madre, Maria Luisa quando è in Francia e Maria Luigia quando è in Austria o a Parma) ecco approfonditi tanti personaggi: le contraddizioni di Maria Luisa, i suoi stati d’animo altalenanti: da una parte dolore (moderato) per la sconfitta di Napoleone e dall’altra la contentezza per la vittoria del padre, imperatore d’Austria, i vari educatori a Vienna di Franz, scrittori come Balzac, Chateubriand, Benjamin Constant, i grandi politici come Tayllerand, Metternich, o Fouchè.
La Sanvitale nella chiusa del romanzo parrebbe non sufficientemente soddisfatta se fa capire che si potrebbero aggiungere ancora tasselli su tasselli al mosaico che è riuscita a definire: “È di poca utilità aggiungere qualche tassello a un’esistenza chiusa tra le ragioni della politica”. Ma ci preme insistere su un concetto: questo è un romanzo storico, e va bene, ma non avrebbe avuto questo risultato senza la scrittura, la finezza psicologica e l’emozione poetica che sono proprie di Francesca Sanvitale.
