Il saggio di Zanetti e Alzona affronta il tema, di stringente attualità dell’indebolimento della competitività dell’Europa nell’ambito dell’economia globalizzata, in riferimento, soprattutto, all’alto tasso di sviluppo fatto registrare nell’ultimo decennio dall’economia statunitense nonché dalle economie asiatiche, con in testa Cina ed India. Lo studio, che appare puntuale e rigoroso nel richiamare volta per volta i fondamenti teorici delle tesi sostenute, si articola intorno alla rivalutazione della grande impresa come strumento di innovazione e quindi di sviluppo economico di un Paese o di un’intera area economica, strumento divenuto, a giudizio degli autori, tendenzialmente imprescindibile al fine di non soccombere nella difficile sfida della competizione globale. I benefici della grande dimensione riguardano alcuni aspetti della nozione di efficienza, come l’efficienza produttiva, relativa alla minimizzazione dei costi di produzione e l’efficienza dinamica, legata alla massimizzazione della capacità innovativa e di sviluppo. Viene infatti sottolineato l’approccio neoschumpeteriano, secondo cui le grandi imprese oligopolistiche sono quelle maggiormente incentivate all’attività di ricerca e sviluppo. Lo studio di Zanetti ed Alzona, dunque, rompe con la convinzione, particolarmente in voga in Italia negli anni Novanta, secondo la quale anche un sistema di sole piccole imprese possa garantire un livello sostenuto di crescita economica.
