Nota per la sua attività culturale, non soltanto in ambito letterario ma anche in quello artistico, Anna R. G. Rivelli torna alla narrativa pubblicando con l’editrice pescarese Tracce, “Il ragno”, un romanzo in cui l’io narrante è una ragazza di ventisei anni, Virginia, nella cui famiglia vige l’incontestabile criterio che non soltanto le varie libertà, ma persino il diritto alla vita sia un privilegio esclusivo del genere maschile. Così il padre, come un ragno, tesse una tela per soffocare, privare della loro personalità le donne di casa. Ci è riuscito compiutamente con la moglie, ma la figlia sfugge alla sua rete. Il racconto è affidato ad una struttura originale che vede alternarsi brani narrativi e dialoghi quasi teatrali che hanno il merito di restituire più in diretta l’atmosfera della famiglia in cui i litigi sono la norma. Virginia maschera l’amarezza della sua vita con l’ironia che ne definisce il carattere, e la pagina ne acquista leggerezza. Sembra che tutto proceda immutabile fino a quando non entra in scena un personaggio che porta con sé un alone di mistero che stimola maggiormente l’interesse del lettore; mistero che poi si scioglie in un finale sorprendente e inimmaginabile, di chiaro segno paranormale. In questa seconda parte del romanzo la tensione emotiva si fa più densa, la prosa più inventiva, e più ricca di immagini, come nella quasi surreale descrizione di un amplesso: “sono una voragine dentro la terra, un vortice dentro l’oceano”. Un romanzo che consente di aggiungere ai molti nomi che hanno connotato al femminile la narrativa di oggi, quello di questa scrittrice lucana.